Perché le madri uccidono: parla la psicoterapeuta
15 Giugno 2022-
Corriere Nazionale
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Madri che uccidono spesso frustrate: il commento della psicoterapeuta Eleonora Iacobelli sull’omicidio di Elena, 5 anni, uccisa dalla mamma Martina Patti
“Sembra impossibile ma non sono rarissimi i casi in cui le madri vengono accusate dell’omicidio dei propri figli. Le motivazioni vanno valutate caso per caso e ricercate nella storia personale della donna, ma volendo avventurarci in una generalizzazione, parte delle motivazioni di questo gesto sono da ricercare nella difficoltà della donna nell’accettare e gestire le emozioni e soprattutto le frustrazioni derivanti dal suo nuovo ruolo di mamma”.
Lo afferma la dottoressa Eleonora Iacobelli, psicoterapeuta, presidente Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico e direttore scientifico Bioequilibrium, commentando l’omicidio di Elena 5 anni, uccisa dalla mamma Martina Patti.
“Un figlio comporta inevitabilmente uno stravolgimento dell’equilibrio lavorativo, affettivo e sociale dei genitori, ma soprattutto della madre che subisce anche uno squilibrio a livello fisiologico ed ormonale – aggiunge Iacobelli – La fatica, la sensazione di non essere adatte o all’altezza, lo sfinimento, il senso di inadeguatezza, la vergogna per non sentirsi all’altezza, insieme a sbalzi d’umore ingiustificati, possono non essere manifestati apertamente, ma crescere in maniera sotterranea fino a portare a vere e proprie psicosi. Quando una madre arriva a questo punto, tutto può accadere. I sintomi sono rintracciabili in uno stato confusionale, il delirio e le allucinazioni”.
“In genere, quando una madre uccide il proprio figlio, c’è sempre qualcosa che precede il momento dell’omicidio ravvisabile nei suoi comportamenti, nelle relazioni con gli altri, nel suo passato. Pur sottolineando che ogni evento è a sè, i moventi possono ragionevolmente essere raggruppati in: sindrome di Medea, la madre che è stata capace di sacrificare i suoi figli per vendicarsi del padre; gravidanze indesiderate; intolleranza alla frustrazione che inevitabilmente un figlio genera; tentativo estremo di proteggerlo da un mondo pericoloso. Qualunque sia il motivo è evidente la negazione di un disagio psichico che si è manifestato nel peggior modo possibile e che, invece, meriterebbe di essere compreso e soprattutto curato ben prima che tutto ciò accada”. conclude la dottoressa Eleonora Iacobelli.